Editoriale – In dialogo con Hannah Arendt. Per un confronto sulla “vita activa” e le sue implicazioni

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di Furia Valori - Il Pensare, Anno II, n. 1, 2013


Il pensiero filosofico contemporaneo presenta molteplici elaborazioni teoretiche sia sul concetto di mente, sia sul concetto di persona e anche, ma non sempre, sulla loro relazione; elaborazioni provenienti da diversi orientamenti filosofici, caratterizzati sovente da un dialogo con molteplici discipline scientifiche. Ma la riflessione su questi concetti in realtà ha un percorso plurisecolare, anzi più che millenario, qualora se ne ricerchino le origini e le radici. Nell'ambito di questo vasto panorama le diverse riflessioni presenti in Mente e persona focalizzano l'attenzione in particolare sulla filosofia della mente, sottolineando i limiti del riduzionismo, e sulla concezione della mente e della persona nell'ottica dell'ascesi di coscienza. A questo proposito merita certamente richiamare la fecondità teoretica della concezione agostiniana e bonaventuriana della mens. Anche se oggi parlare della mente evoca subito la filosofia della mente, tuttavia la riflessione su tale problematica costituisce uno dei nuclei centrali di Agostino e poi dell'agostinismo medioevale e della sua rilettura alla luce del francescanesimo, basti richiamare San Bonaventura e il suo Itinerarium mentis in Deum, in cui la mens ascende a Dio, ossia si eleva al proprio supra, in quanto Dio discende, o meglio la illumina già da sempre.

Mens che, nella triformità delle sue vires – esse, nosse e velle –, è un sentire, intendere e volere tutto, ossia sé, le altre persone e il mondo, alla luce del principio fondante, mens che non soffre della limitazione contemporanea di una sua lettura in chiave prevalentemente neurologica e psicobiologica. Tale concezione della mens mostra la sua fecondità teoretica nell'ambito delle declinazioni dell'ontologismo, in particolare nell'orizzonte contemporaneo dell'Essere di coscienza e dell'ascesi di coscienza dell'“ontologismo critico”, tale perché ha ripensato kantianamente le condizioni e i limiti del conoscere e del pensare, quindi del “problema interno” e “del problema oggettivo” della filosofia. Infatti l'ontologismo, che si richiama ad una metafisica teologicamente ispirata - un titolo, Il problema teologico come filosofia del Carabellese - presenta importanti argomentazioni che si muovono su un piano che vede nell'esercizio della filosofia come elevarsi al vero, al bene e al bello, il proprio perfezionamento. Quindi non una considerazione logico-razionalistica, né naturalistica, né gnoseologica: ciascuna concepisce la persona come un soggetto eminentemente conoscente, fondamentalmente neutrale, quindi identico agli altri, perciò solo pur se molteplice; tale soggetto si pone di contro al mondo ridotto a oggetto da conoscere e manipolare.

In consonanza ideale Heidegger, ancora più radicalmente, intende tale conoscere volto alla ricerca delle ragioni e delle cause lineari, orizzontali, come non pensare, come umanismo che oblia la differenza ontologica. Ma l'ontologismo critico si scopre ancorato ad un pensare che è pensare dell'essere, in senso soggettivo e oggettivo, pensare in cui tuttavia il fuggire non è “degli dei”, secondo la nota metafora di Hölderlin, ripresa da Heidegger, ma dell'uomo attratto dalla propria humus. L'ontologismo nell'elevarsi all'essere-Dio, elevarsi che è di tutta la mente nelle sue potenzialità ossia sentire, volere e conoscere, recupera il mondo e la persona nella sua relazionalità secondo la perfezione della “terrenità edenica” (Moretti-Costanzi). La persona è concepita come lontana da un lato dall'individuo generico, quale individuo massa, e, dall'altro, dal soggetto che assolutizza se stesso e per questo vede l'altro come il nemico (le diable di Sartre). L'articolata storia dell'ontologismo che affonda le sue radici nel platonismo essenziale, affronta la questione della mens e della persona o anche del soggetto, alla luce dell'essere come principio e della coscienzialità dell'essere, costituisce un'autonoma, robusta e articolata elaborazione concettuale distinta dai diversi personalismi e dal “ritorno” della persona di ricoeuriana memoria. L’ontologismo ha la “pretesa” di porsi su un livello altro da quello indagato dalla filosofia della mente, che certamente prescinde dal riferimento al principio.